Il legame tra architettura e natura è sempre stato molto forte. Nel tempo la costruzione di nuovi edifici e di nuove realtà urbane si è fusa con ciò che è il paesaggio, cercando una relazione più o meno forte.
Fin dall’età della pietra gli uomini sfruttarono la natura per costruire le proprie abitazioni e gli spazi in cui vivere, addirittura ricavando dalla stessa natura il luogo in cui ripararsi durante la notte: le caverne. Case “naturali”, costituite da passaggi nelle montagne, offrirono un riparo sicuro e protetto dagli agenti atmosferici più pericolosi: l’uomo potè così utilizzare per sé ciò che la natura aveva.
Oltre all’utilizzo di caverne divennero indispensabili, col passare del tempo e dell’evoluzione, le materie prime che la natura metteva a disposizione e che mano a mano venivano scoperte. Le abitazioni iniziarono ad essere in legno o pietra; anche se in maniera rudimentale, questi elementi venivano utilizzati dopo un’attenta lavorazione.
Le epoche cambiano e come sempre le metodologie costruttive si adeguano al tipo di necessità e utilizzo della società del presente. Le civiltà classiche prediligevano materiali più “nobili” come il marmo e la pietra per le costruzioni più importanti, anche se argilla e legno rimanevano i più utilizzati. Il rapporto con la natura circostante fu ugualmente molto importante: le città sorsero senza modificare in maniera troppo forzata il contesto naturale ma adattandosi a questo, come se si cercasse un luogo in cui l’architettura calzasse a pennello con lo spazio circostante. Ecco quindi il fiorire di città in prossimità di fiumi, laghi o in riva al mare, luoghi con un riparo verso eventuali aggressori e con il vantaggio della possibilità di commerciare via navi. La città prende così la forma delle insenature naturali che entrano dentro all’agglomerato urbano, grazie anche alla costruzione di piccole vie d’acqua. Il problema dell’inquinamento era piuttosto relativo dato che non esistevano prodotti tossici di industria, ma la maggior parte dei rifiuti erano naturali.
Durante l’epoca medioevale la natura regalò un’altra volta un ottimo riparo contro ciò che fu il peggior male del periodo: le guerre. Gli agglomerati urbani, costituiti principalmente da castelli o luoghi molto fortificati, sfruttarono le colline e le montagne per portarsi in alto e sfuggire alle aggressioni nemiche. I materiali più utilizzati furono sicuramente argilla e legno nelle zone collinari, mentre la pietra sempre abbinata al legno nelle zone più vicine alle montagne: materiali di facile reperibilità e lavorazione.
L’epoca contemporanea ci offre spunti quotidiani su come portare la natura dentro le nostre architetture e ottimizzare a nostro (e suo) vantaggio ciò che ci viene regalato spontaneamente. Purtroppo sono trascorsi decenni in cui il poco rispetto per la natura ha portato a una dissennata ricerca all’edificazione, con poca cura degli aspetti paesaggistici. Fortunatamente, la nostra coscienza ci porta sempre più a una ricerca che sia attenta e corretta verso l’uso e il rispetto della natura; l’aspetto morfologico delle nostre città è per lo più conformato dal passare dei secoli, e lo studio del rispetto viene a concentrarsi sulla microscala anche del solo edificio. Oggi è possibile costruire case e uffici quasi completamente naturali e che rispettano l’ambiente che li circonda, anche nella fase di cantiere e edificazione. In più, tutto ciò che è nuovo deve essere abbinato ad uno studio più lungimirante e ponderato della posizione e del rispetto del luogo.
Facciate verdi, utilizzo totale del legno anche per la struttura, mancanza di impianti alimentati da materie nocive all’ambiente regalano sicuramente un futuro migliore alla nostra terra.
Una città contemporanea che inizia a riempirsi di edifici sensibili alla natura e che richiamano al loro esterno elementi naturali è sicuramente una città moderna e all’avanguardia. Poter portare i nostri centri urbani sempre più vicino alla realtà naturale darà tanti benefici di salute sia alle persone che al nostro pianeta; evitando le emissioni nocive, la deforestazione selvaggia, l’occupazione dei suoli dedicati all’agricoltura e al pascolo e soprattutto l’inquinamento visivo che imbratta i nostri paesaggi si riuscirà a godere molto di più delle nostre stagioni e dei nostri spazi che sicuramente un giorno potremo rimpiangere.
Un esempio da seguire? La città di New York sta valorizzando trasformandola in parco la sua High Line, una ferrovia costruita negli anni ’30 e fuori uso. Ora è diventata un parco pubblico.
Di Lorenzo Sarti Pubblicato il 5 Marzo 2013
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